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FEDERICA BRIGNONE

08 06 2016

Uno degli esempi più alti di eleganza nello sport lo offre oggi Federica Brignone, vincitrice del Mondiale di Slalom Gigante (Sölden, 24 ottobre 2015) e di molti altri importanti titoli e medaglie nel circo bianco. Questa campionessa ci piace raccontarla attraverso i suoi luoghi.

Federica abita a La Salle, località circondata dalle vette della Valle d’Aosta: la catena del Monte Bianco è a due passi, la Grivola svetta in lontananza. La A5 nel tratto di Morgex verso Courmayeur è una curva grigia sotto il monte, una linea d’asfalto che ti porta in Francia. Il legame tra la sciatrice italiana e la terra dei cugini transalpini è molto stretto, come precisa lei stessa nel suo sito internet (www.federicabrignone.com) sottolineando la propria data di nascita: 14 luglio.

Nella direzione opposta, l’autostrada collega queste solitarie vallate alle città: Aosta, Torino, Milano – dove Federica è nata ed ha vissuto fino ai sei anni. La doppia polarità Milano - La Salle descrive una storia di gusto e di raffinatezza. Gli slalom della Brignone contengono qualcosa delle meraviglie dell’Italia nordoccidentale, quella che ha l’accento un po’ français, quella del Castello Sforzesco e delle alpi Graie, quella dei celebri vini rossi piemontesi e degli squisiti bianchi di Morgex.

È cresciuta ai piedi del monte più alto d’Europa, la campionessa mondiale, nella Scuola Sci di Courmayeur. Le cime appuntite, così ripide in Valle d’Aosta, fanno memoria di ciò che è salita e di ciò che è discesa, ovvero l’identica cosa. Ricordano la vita: un istante sei giù, l’istante dopo sei su. Ricordano la natura: di volto mezzo tra bello e terribile, come scriveva Leopardi.

Le discese di Federica sono grazia ed eleganza ad ogni curva; e sono rapide: pochi istanti di fulminea bellezza. Il resto è salita: le faticose imprese quotidiane di chi vive lo sport e di sport. Perché la prima strepitosa vittoria della Brignone, e di tutti quelli che arrivano a giocarsi in una manciata di secondi il titolo di campione mondiale, è stata aver affrontato l’impervia arrampicata che ti porta lì, al punto di partenza, all’inizio della gara.

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europei 2016

28 06 2016

Forse non spetta a chi è nato negli anni Ottanta eleggere il più grande calciatore europeo del secolo scorso, noi però abbiamo il vantaggio di conoscere un pezzo in più della storia. Nick Hornby ha dato una geniale definizione della rivoluzione olandese nel football: il postmoderno applicato al calcio. L’epoca postmoderna è stata anche quella della vita media che si alza in maniera inquietante, dello strazio ad uso e consumo dei mass media, dell’homo technologicus. La morte di Johan Cruijff, allora, sembra venire da un altro tempo. Nessuna agonia raccontata per filo e per segno dai tabloid o su internet: un brutto giorno abbiamo saputo che se n’è andato. E che è morto a nemmeno settant’anni. Se scrivete “Cruijff” su word, lo sto sperimentando ora, il programma segnala che avete commesso un errore ortografico. Paradossi della tecnologia: non riconoscere il calciatore moderno per eccellenza! Nel compiangerlo, tutti hanno ricordato come sia stato lui a cambiare più di ogni altro grammatica e categorie del football. Dal calcio totale al tiki-taka, ogni novità è passata per la sua testa e per i suoi piedi. Ma farne un maestro alla portata di tutti è una forzatura. Quel numero 14 era un eremita che sapeva abitare una metropoli. Qualcuno ha intelligentemente notato che, a differenza di altri grandi campioni più agée di lui, Johan Cruijff non può essere compreso limitandosi a guardare su youtube i video delle sue migliori giocate. I contenitori dell’oggi non sanno contenere chi aveva precorso il nostro presente? Il punto è che un eremita, quando muore, ci lascia l’esempio, dei devoti, quasi mai un’autentica discendenza. Fare di Cruijff il padre di un’epoca vuol dire accreditargli troppi figli incerti. È l’epoca che si è appropriata di lui come ci si getta su di un tesoro: e ha fatto bene. Noi che siamo nati un attimo dopo non potremo mai godercelo fino in fondo, però abbiamo più elementi a disposizione per apprezzarne la grandezza.

 

Michele Castelli

 

Gianluigi Marabotti

 

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